Il punto di Don Alessio Albertini
«Non abbiate paura, perché siamo nelle mani di Dio»
In tanti pensano che il momento più bello per un atleta sia il suo tagliare il traguardo. Invece sono convinto che il momento più affascinante sia quello della partenza. Sentirsi parte di un’avventura meravigliosa che sta per cominciare. Sarà perché al “via” di una corsa palpitano nel cuore sogni, desideri e aspettative che puoi solo immaginarti. Ti senti parte di un’immensa folla fatta di persone diverse ma con in testa tutti la stessa speranza. La strada potrebbe sembrare lunga e interminabile ma il “via” è sempre la prima parola da cui iniziare per scrivere un’intera storia. Dev’essere andata così anche quella mattina di Pasqua quando Maria Maddalena, davanti al sepolcro vuoto, ha dovuto constatare che «non è qui! È risuscitato!». Finalmente il “via”, atteso e sospeso dal pomeriggio di un Venerdì Santo che sembrava non terminare mai, oscurato dall’invisibilità del male che aleggiava su tutta la terra. Ma finalmente il “via”, all’alba di un nuovo giorno, anzi del primo giorno, rimetteva tutto in movimento. Senza troppa programmazione la mattina di Pasqua, con la corsa di Maria Maddalena, torna ad essere protagonista anche lo sport. Certo, in questi giorni “le manifestazioni sono sospese” tuttavia i suoi frutti bisogna cominciare a seminarli. È il tempo per renderci conto di «essere sulla stessa barca, fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme». Come il Borussia Dortmund che ha offerto il suo stadio per la lotta al coronavirus. La tribuna nord del Signal Iduna Park a disposizione per valutare e curare i casi con sospetta positività: «È il luogo ideale per aiutare attivamente le persone potenzialmente infette o infettate dal Covid–19. Vogliamo restituire alla gente quello che ci ha dato negli anni». Questi giorni difficili ci hanno mostrato che quando prevale la voglia di fare insieme l’uomo dà sempre il meglio di sé. Lo vediamo nel coraggio
di tanti, professionisti o volontari, che rischiano per gli altri, sopportano la fatica oppure «facendo una carezza, tenendogli la mano, cercando di essere come un loro familiare». È l’impegno di Maxime Mbandà, flanker delle Zebre Rugby e della Nazionale italiana, che è sceso in campo per vincere l’ennesima partita della sua carriera, questa volta lontano dai rettangoli verdi del 6 Nazioni ma molto più vicino alla sua gente alle prese con la pandemia. Autista volontario di ambulanze: «Avere paura è normale… ma l’emozione che ti dà il poter aiutare gli altri è indescrivibile e quindi penso solo all’obiettivo finale». Tante volte, però, l’esito resta incerto, se non addirittura nelle lacrime: «Non siamo invincibili… stiamo perdendo tante persone vicine: siamo fragili e dobbiamo essere consapevoli di esserlo», ha raccontato Michela Moioli. Ora che la morte si è fatta avanti così brutalmente c’è bisogno di speranza cristiana, in un’altra vita, oltre la morte: «Ci vediamo di là.
Non abbiate paura, perché siamo nelle mani di Dio». Come questo prete, quasi novantenne, dobbiamo annunciarlo ai lontani, ai distratti, a chi si ritrova solo: «Gesù è risorto!».