Bosio: 'Gli oratori vanno inseriti nel registro delle Asd'

Nei giorni scorsi alla Camera dei Deputati, in videoconferenza, si sono svolte le audizioni alla commissione Cultura nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante semplificazione di adempimenti relativi agli organismi sportivi.

Nell’ ordine sono stati auditi Andrea Mancino, in qualità di rappresentante delle Discipline sportive associate nel Consiglio nazionale del Coni, Ciro Bisogno, presidente nazionale di Pgs (Polisportive giovanili salesiane), Vittorio Bosio, presidente nazionale del Centro Sportivo Italiano e Damiano Lembo, come coordinatore del Coordinamento nazionale degli enti di promozione sportiva nel Coni.

 

Di seguito i passaggi significativi dell’intervento del presidente CSI, Bosio:

 

 

Semplificazione o riforma?

 

Se le parole indicano intenzione, quello a cui ci sentiamo chiamati, come Centro Sportivo Italiano, è offrire un contributo che realmente possa tutelare le associazioni sportive, offrendo un quadro di certezze. Il testo oggetto di questo contributo presenta, sulla base della nostra esperienza, numerose aporie, che potranno solo generare contenziosi, demotivare i dirigenti sportivi e indirizzare il settore su un percorso di impervietà burocratica che appare divergente dalla intenzione semplificativa.

 

Una premessa è d’obbligo: i decreti all’esame risultano il frutto di un processo noto a tutti, che ha avuto ampia eco mediatica, conclusosi con la mancata approvazione del più importante di essi, poiché è dalla riprogettazione della governance e dell’impianto del sistema sportivo italiano, ormai ineludibile, nonché dalle definizioni e dalle premesse conseguenti, che prendono fonte gli articolati ad esso collegati, i quali si ritrovano invece a dover fare i conti con norme frammentate, separate, slegate.

 

Volontari o amatori?

 

Per “semplificare”, occorre chiarezza, oltre che precisione normativa. Appare evidente, a chiunque conosca anche minimamente il sistema sportivo, che non troviamo una definizione di “amatore” e che da ciò nascano profonde e serie problematiche. La più evidente è la conflittualità tra “amatore” e “volontario”, che si ritiene impropria, inadeguata, anacronistica, inesatta.

 

Peraltro il termine “amatori” che nel testo viene utilizzato per definire coloro che, nei vari ruoli, praticano sport all’interno delle associazioni e società sportive dilettantistiche in modo non professionistico, assume una accezione totalmente divergente dal significato più volte richiamato nei recenti provvedimenti sul contenimento del contagio da SARS Cov-2, laddove indica persone non tesserate che praticano attività motoria e sportiva in modo autogestito ed estemporaneo. Che lo stesso termine in alcuni provvedimenti stia ad indicare persone “tesserate” mentre in altre disposizioni del medesimo Governo si riferisca a persone “non tesserate”, può ingenerare disorientamento soprattutto se da ciò derivano obblighi e diritti.

 

Per indicare i primi, l’uso della parola “dilettante”, che propriamente si riferisce a persona che coltiva uno sport, per puro diletto, come attività marginale e sicuramente non per profitto, e ben usato per riferirsi alle stesse strutture per cui è tesserata, apparirebbe essere il termine più appropriato a cogliere lo spirito del provvedimento. Resta, tuttavia, la pressante necessità di indicare nel testo una definizione chiara di questa figura sportiva, che appare piuttosto nebulosa.

 

Il Registro ASD: a tutela di cosa?

 

Il Registro delle Attività Sportive Dilettantistiche, quale funzione ha? Quella di essere una sorta di “certificatore fiscale”, o invece quella di tutelare e garantire chi persegue alcune finalità? Dalla sua nascita e fino ad oggi, il Registro ASD ha mostrato numerosi limiti, ostacoli tecnici e burocratici, senza tuttavia tutelare le associazioni e società sportive che realmente promuovono attività sportive e che veramente lo fanno non perseguendo fini di lucro.

 

Il Registro, così come concepito e gestito, ha messo in forti difficoltà proprio le associazioni sportive di base, quelle più piccole e capillarizzate sul territorio, mentre è risultato più gestibile per le società sportive più strutturate e a quelle di capitali. Ciò, a nostro avviso, contraddice lo spirito stesso del Registro ASD e del “riconoscimento” ai fini sportivi, i quali sono nati per concedere la necessaria fiscalità di vantaggio a tutti coloro che ne hanno realmente i requisiti, con particolare attenzione alle piccole associazioni di prossimità territoriale, garantendo trasparenza, legalità, e controlli pur senza diventare un ulteriore e inutile appesantimento burocratico. La totale assenza di ogni forma di controllo sugli inserimenti delle attività sportive e didattiche, inoltre, ha generato e alimentato il concetto di uno “sport di servizi” e non più quello di uno sport “al servizio” delle persone.

 

Auspicando una profonda revisione del Registro ASD e delle sue finalità, attraverso interventi specifici e mirati, in questa sede il CSI intende rinnovare una richiesta che ha avanzato fin dall’istituzione del Registro medesimo. Riteniamo infatti piuttosto rilevante l’assenza dal Registro ASD, all’art.5, di alcune forme di aggregazioni sportive prevalentemente rivolte alla educazione dei giovani attraverso lo sport, quali i gruppi sportivi e gli Enti morali di cui alla Legge 1 agosto 2003, n. 206. Il riferimento è cioè rivolto verso le Parrocchie italiane e i loro Oratori, e verso i gruppi sportivi scolastici. Essi infatti, pur non perseguendo alcuna finalità di lucro e pur praticando attività sportiva senza alcuno spirito selettivo, senza discriminazioni e spesso gratuitamente verso i soggetti socialmente più deboli, risultano esclusi dal Registro poiché il Legale rappresentante non è democraticamente eletto ma designato su nomina della Autorità Religiosa (per i Parroci o Direttori di Oratori) e Civile (per i Dirigenti Scolastici).

 

L’impatto più rilevante di questa inspiegabile scelta politica, che ci auguriamo non abbia natura ideologica, non solo si riverbera ogni qual volta un bando pubblico locale o nazionale per il sostegno del disagio giovanile attraverso lo sport vede escluse proprio le strutture che di ciò ne fanno da sempre una missione sociale, ma soprattutto nei tempi recenti, laddove ogni forma di ristoro e finanziamento a seguito della pandemia da Covid-19 ha nuovamente sostenuto le ASD, le SSD ma non ha potuto sostenere i costi sostenuti dalle Parrocchie, dagli Oratori e dai Gruppi Sportivi Scolastici.

 

Siamo perciò a richiedere l’istituzione, nell’ambito del Registro ASD, di una “sezione speciale” riservata ai soggetti di cui alla Legge 1 agosto 2003, n. 206, che svolgono, senza alcuna possibilità di dubbio, un’effettiva azione di promozione sportiva autentica, inclusiva e sociale, al di fuori del rigido sistema sportivo legato esclusivamente all’olimpismo. Riteniamo che sia giunto il momento in cui la Repubblica Italiana accolga questa istanza e riconosca nei fatti l’opera meritoria di carattere educativo, anche attraverso lo sport, svolta da sempre dalle Scuole e dalle Parrocchie italiane.

 

 

Responsabilità: personalità giuridica anche per le ASD?

 

Assumere responsabilità non ha mai suscitato timore negli sportivi; tuttavia ci troviamo dinanzi ad una situazione insostenibile, per la quale il mondo delle ASD è ormai giunto ad un livello di responsabilità civili e penali personali in capo ai Presidenti e ai Consigli Direttivi delle stesse, spesso composti da puri volontari appassionati, che va, in qualche maniera, arginato, al fine di non disperdere la storia e il patrimonio di passione che lo ha sempre contraddistinto. Se ciò non risulta un problema per le società sportive dilettantistiche di capitali, contraddistinte dalla responsabilità limitata, esso assume contorni quasi drammatici per le ASD, le quali, prive di ogni forma di personalità giuridica, caricano il peso di ogni responsabilità sulle persone fisiche che la guidano. A tal fine, si propone una modalità semplificata di acquisizione della personalità giuridica, sul modello previsto dal codice del Terzo Settore, ma equiparando la posizione delle ASD che non assumono la qualifica di ETS, a quella delle SSD a responsabilità limitata, in riferimento all’articolo 2462, c. 3, c.c.

 

Concludiamo manifestando l’esigenza di sollecitare un confronto tecnico e sostanziale con i soggetti sportivi, in quanto i Decreti all’attenzione rischiano di minare un sistema che ha sì bisogno di riforma, anche quella parzialmente disegnata dagli stessi Decreti in esame, ma rischia di implodere se non saranno apportate le opportune correzioni che segnaliamo.

 

Guardiamo con preoccupazione a quanto sta accadendo, ma anche con fiducia che ci sia la capacità di ascolto e confronto, almeno con quegli Organismi Sportivi che hanno realmente a cuore lo sport sociale, lo sport di base. Non è possibile immaginare lo sport solo pensando ai grandi centri sportivi del fitness, o alle massime serie dei campionati, che hanno specificità e caratteristiche che meriterebbero un’attenzione, anche normativa, propria. Esiste uno sport di prossimità, nei quartieri, negli oratori, nei campetti e nelle palestre, che è mosso da logiche diverse e che merita di essere protetto e salvaguardato. Sarà anche uno sport povero economicamente, ma molto ricco nella qualità e nello spirito delle persone che lo promuovono.